Fabio Muzi Falconi

Definizioni di socialismo: il sansimonismo
(Il Laboratorio)

Nel precedente numero del Laboratorio ho cercato di elaborare una definizione della parola "socialismo" attraverso il pensiero di Pierre Leroux, primo divulgatore del termine. Il pensatore francese teneva molto a distinguere le sue idee sulla società da quelle degli ex-compagni politici, i discepoli di Saint-Simon. Li definiva propugnatori di un "socialisme absolu": portavano, secondo lui, all'eccesso il principio di "associazione".

La quasi totalità dei dizionari di lingua italiana, da me consultati, pone Saint-Simon e i suoi discepoli all'origine del movimento socialista. Nonostante il fatto che Saint-Simon e i suoi discepoli non abbiano mai nominato il termine "socialismo" nelle relazioni ufficiali, è necessario trarre dai loro scritti una definizione della dottrina sansimoniana perché il loro pensiero è stato sempre associato al socialismo.

Il problema è che frasi di Saint-Simon come: "Mi sono votato al servizio dei produttori, lavorerò tutta la vita per migliorare la loro esistenza sociale", oppure l'epigrafe con cui uscì L'industrie nel 1817, "Tout par l'industrie, tout pour elle" non fanno pensare ad un profeta del socialismo utopistico. In effetti, a mio parere, Saint-Simon fu in realtà un teorico del decollo economico in una Francia ancora esitante di fronte alla rivoluzione industriale. Non il primo socialista, ma un visionario profeta positivista di una società organica, scientifica, capitalista, industriale e autoritaria.

Saint-Simon morì nel 1825 e seguendo l'esortazione del suo ultimo lavoro "Il nuovo cristianesimo", i suoi discepoli (Enfantin, Rodigués, Bazard, Buchez, Laurent) crearono una nuova religione laica dalle prospettive globali. Questa dottrina è senza dubbio una delle origini del socialismo.

Il sansimonismo diventò, all'inizio degli anni '30 dell'Ottocento, un fenomeno di massa che coinvolgeva 40 000 aderenti nel mondo e vantava legami con i massimi intellettuali dell'epoca: Heine e Goethe in Germania, il liberale Mill e il conservatore Carlyle in Inghilterra e Liszt, il quale, essendone un membro attivo, suonava il piano ad alcune riunioni.

La scuola sansimoniana alla morte del maestro non si limitò a diffonderne il "verbo", ma lo rielaborò alla luce di nuovi fatti, quali per esempio l'avvenuto decollo economico e la conseguente condizione degli operai. I sansimoniani esposero la loro dottrina in una serie di conferenze tenute tra il 1828 ed il 1832 al numero 12 della rue Taranne a Parigi. Una parte di questi fondò una comune celibataria nel 1832 a Menilmontant, dove era rivelata la nuova "verità" e applicate le nuove norme della "società dell'avvenire" (celebre era la bizzarra usanza di portare vesti abbottonate sulla schiena per aumentare la dipendenza del singolo dai suoi compagni).

Base della dottrina sansimoniana era l'analisi della storia dell'umanità. Venivano tratte da questa le leggi del divenire umano, che permettevano la comprensione del presente disordinato e la progettazione di una futura società assolutamente armonica.

La prima legge classificava la storia in epoche organiche (quando una teoria generale domina la società) ed epoche critiche (quando la società è un coacervo d'individui isolati in lotta tra loro). Precedentemente vi erano state due epoche organiche: quella del paganesimo sino ai tempi di Socrate e quella del cristianesimo sino ai tempi di Lutero. Le epoche critiche erano a loro volta divise in due periodi: il primo caratterizzato dall'azione collettiva volta alla distruzione dell'ordine stabilito, il secondo abbracciava il lasso di tempo che corre tra l'abbattimento del vecchio ordine e l'edificazione del nuovo.

I sansimoniani erano convinti di vivere nel secondo periodo di un epoca critica: "noi viviamo tra le macerie del Medio-Evo, macerie roventi, da cui esce ancora qualche gemito". Caratteristica principale dello stato critico era la mancanza nella società di uno scopo comune. Da qui la comprensione e la spiegazione del disordine, del caos, delle inefficienze e della povertà che caratterizzavano la società dell'epoca. La dottrina sansimoniana avrebbe dato inizio ad una nuova epoca organica: "la dottrina che noi annunciamo si impadronirà dell'uomo completamente, e imprimerà alle tre grandi facoltà umane una direzione armonica. Grazie ad essa le scienze procederanno concordemente, unitariamente, verso il loro massimo sviluppo; l'industria, disciplinata nell'interesse della collettività, non presenterà più lo spaventoso spettacolo di arena; e le arti, ancora una volta ispirate da una vera simpatia, ci riveleranno l'entusiasmo di una vita in comune, la cui dolce influenza si riverberà sulle gioie più intime della vita privata".

La seconda legge storica considerava lo sviluppo della specie umana che, secondo i sansimoniani, procedeva dall'"antagonismo" all'"associazione". Per "associazione" intendevano un organizzazione delle attività in vista di uno scopo comune. Quindi le società primitive erano caratterizzate dalla famiglia, e l'associazione di maggior espansione, sino a quel momento, era quella cattolica. Questa però non aveva più capacità di espansione né al livello qualitativo sull'individuo, né al livello quantitativo sull'umanità. L'umanità era invece destinata all'associazione universale, e l'antagonismo destinato progressivamente a sparire, in quanto all'interno delle associazioni si sviluppavano sempre più il principio d'ordine, d'armonia, d'unione… Dottrina di questa terza epoca organica era inevitabilmente il sansimonismo.

Antagonismo: questo era un altro dei temi centrali affrontati dalla dottrina sansimoniana. Aveva come causa il dominio della forza fisica e come conseguenza lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo. La schiavitù si perpetuava (dall'antichità fino al rapporto padrone/operaio) attraverso "l'ereditarietà della miseria". Ma se lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo doveva sparire, lo stesso destino spettava anche all'ordinamento della proprietà, grazie al quale questo si perpetua. Quindi proponevano un mutamento nel regime di proprietà: lo stato e non più la famiglia doveva ereditare le ricchezze accumulate. In seguito, nell'organizzazione sociale dell'avvenire, ciascuno doveva essere "classificato" secondo le sue capacità e retribuito secondo le sue opere. In questa "inevitabile" società del futuro un'apposita istituzione che possedeva tutto (mezzi di produzione, beni…) si sarebbe occupata della distribuzione nel modo migliore e più efficiente. Così, "l'industria è organizzata, tutto è concatenato, tutto è previsto: la divisione del lavoro è perfezionata, la combinazione degli sforzi è più potente" (questa istituzione era composta di una banca centrale e una miriade di banche di primo, secondo, terzo livello).

Per i sansimoniani il sistema politico doveva abbracciare l'intero ordine sociale: determinare, dirigere, regolare, tutta la società, tutte le attività individuali.

Il tempo di inaugurare una nuova epoca organica era arrivato (dopo tre secoli di stato critico), una nuova religione era venuta a rivelare all'uomo un destino nuovo. L'umanità era chiamata a costituire un'unica famiglia, "l'associazione universale".

Lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo doveva lasciar definitivamente posto allo sfruttamento del globo, ognuno doveva occupare in seno alla grande famiglia un posto conforme alla grazia della struttura che aveva avuto nascendo, vale a dire alle sue capacità, per essere ricompensato secondo le sue opere.

"La rivelazione che è data all'uomo oggi è che Dio, è nella sua unità vivente amore, nelle forme del suo manifestarsi intelligenza e forza". Lo scopo più elevato dell'uomo era, secondo i sansimoniani, imitare Dio, quindi l'obiettivo doveva essere crescere in amore, intelligenza e forza. A questa trinità corrispondevano tre distinte categorie di attività: la morale, la scienza e l'industria. L'organizzazione politica doveva ordinarle e la gerarchia sociale doveva essere la realizzazione vivente di questo ordinamento. Al vertice dovevano quindi posizionarsi i preti (gli intellettuali) depositari della religione (morale, amore) da cui tutto doveva dipendere, sotto, allo stesso livello, gli scienziati che si occupavano della teologia (scienza) e gli industriali che si occupavano del culto (industria).

Il socialismo sansimoniano prometteva una trasformazione sociale universale, concettualizzava il processo storico e orientava gli uomini a prendervi parte creando un programma d'azione collettiva. Attraverso un complesso sistema di simboli dava alla dottrina la forma di una religione rivelata, che prometteva la salvezza su questa terra e soprattutto ordine e armonia dopo il violento decennio rivoluzionario. Offriva oltretutto l'implicita promessa che coloro che avrebbero concorso alla sua formazione sarebbero stati l'elite della nuova era.

Assieme a Hegel, Saint-Simon è stata una delle basi principali del socialismo marxista, sicuramente quella più totalitaria e meno legata alla dignità dell'individuo.

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