Luca Perugini

L'eta' dell'imperialismo in Cina

(Il Laboratorio)

I contatti fra la Cina e l'Occidente ebbero per la prima volta la possibilita' di stabilirsi soltanto con lo sviluppo della tecnologia moderna nel campo della navigazione d'alto mare. L'antica "via della seta" non garanti mai invece lo stabilimento di un contatto diretto con l' Occidente. I romani erano si grandi estimatori di seta ma non ne risalirono mai le tracce. I cinesi invece, per la naturale tendenza al controllo sulle loro vie di comunicazione, fecero un tentativo quando giunse loro la voce di un mitico regno all'altro capo della via. Nel 97 d.c. Gan Ying parti dalla Cina per raggiungerlo, ma giunta a meta' strada la missione si fermo' per via di altre voci circa le difficolta' che avrebbe incontrato: il problema era tutt'altro che tecnico. Esisteva invece il regno dei Parti in Mesopotamia che controllava i traffici relativi alla seta cinese importata da Roma e che non poteva consentire che i due imperi venissero a conoscenza l'uno dell'altro. I cinesi si dimostrarono superiori agli europei, in fatto di tecniche moderne, ancora all'inizio del XV secolo. Lo testimoniano le spedizioni marittime dell'eunuco Zheng He che, dal 1405 al 1433 si spinsero fino al Golfo Persico e al Mar Rosso. Ma il momento successivo i Ming rinunciavano a patrocinare la marina mercantile ed iniziava la decadenza della loro potenza marittima. Proprio allora le coste cinesi venivano raggiunte dalle moderne flotte europee. La Cina che fino a questo punto si puo' considerare piu' avanzata dell' Europa si trovava ad essere superata dall'Occidente. La stessa storiografia cinese che ha ormai sposato la periodizzazione in uso in Occidente, e' unanime nel riconoscere che il ripiegamento dell' Impero Ming sia da mettere in relazione alle difficolta' incontrate sulla via della modernita'. Si stabilirono allora, verso la meta' del XVI secolo, i contatti con gli occidentali. Sappiamo cha i piu' veloci furono i portoghesi, che si stabilirono sull' isola di Macao, e' meno noto invece che essi sbarcarono nel 1517 a Canton e che da allora non avrebbero saputo evitare di essere isolati diversi decenni dopo. Gli sforzi degli europei sembrano generalmente rivolti, infatti, alla corsa per chi avrebbe occupato prima i nodi strategici del commercio nel Mar della Cina. Si ricordi che dopo i portoghesi arrivarono gli spagnoli, non a caso preoccupati di insediarsi su un isola, Taiwan, dalla quale pero' sarebbero stati ricacciati dagli olandesi. Una volta stabiliti gli olandesi, Taiwan diveniva centro del commercio internazionale: i cinesi acquistavano spezie del Sud-Est asiatico e vendevano, in particolare, seta diretta verso il Giappone. La comparsa dei portoghesi, e poi la rincorsa olandese erano avvenute, come del resto attesta la storiografia cinese, in una fase di declino del controllo imperiale sulle zone marittime e di sviluppo della pirateria sino-giapponese, tanto che non si puo' escludere che gli sbarchi europei fossero confusi con gli attacchi dei pirati giapponesi, con questa differenza pero' che se gli europei erano estranei alla situazione cinese non lo era appunto il Giappone. Non c'e' dubbio che gli europei arrivarono in una fase di chiusura come non c'e' dubbio pero' che le difficolta' dei primi europei a stabilirsi nel sistema sinocentrico esercitarono una influenza determinante sui successivi approcci europei in Estremo Oriente.
Con il suicidio dell'ultimo Ming il potere imperiale passo' nelle mani di una nuova dinastia. I Qing non soltanto assicurarono la continuita' dell' istituto imperiale fino al mutamento alla democrazia nel 1912 ma il loro Impero e' stato il piu' grande nella storia della Cina. All'inizio del XIX secolo le dimensioni territoriali della Cina sono simili a quelle dell'intero vecchio continente, e garantire il benessere ad una popolazione numerosissima e continuamente in aumento rappresenta un compito difficile. La rete commerciale raggiungeva una espansione considerevole, ma in alcune province marittime meridionali, specializzate nelle produzioni artigianali, determinati prodotti primari come il riso erano importati dalle Filippine o dalla Thailandia. Allora pero' la concezione imperiale non poteva lasciare che nelle relazioni esterne si soppesassero le ragioni di alcuni piccoli paesi vicini. Non bisogna dimenticare che il Tibet e la Mongolia sono parti integranti dell'Impero, il Nepal e' paese tributario, la Corea, il Vietnam e la Birmania sono, inoltre, protetti. Si conti ancora la piccola colonia cinese del Borneo e si vedra' come l'Asia centrale e il Sud Est asiatico siano parte di una cosiddetta area di influenza cinese. Il sistema imperiale insomma vive dentro un' armatura data da l'omogeneita' culturale di spazio sinocentrico. Anzitutto l'immenso territorio cinese e' amministrato attraverso un apparato burocratico esemplare. Le unita' territoriali piu' estese si dicono province. Sotto le province ci sono i circuiti poi, le prefetture, le sottoprefetture e i distretti. I Magistrati di distretto, quando le condizioni locali fanno ritenere irragionevole l'attivita' di un Viceprefetto, hanno rapporti direttamente con i Prefetti e cosi' via. Grazie a questo apparato la dinastia gode' sempre di un profondo controllo sul territorio. Pechino non doveva farsi scrupolo del controllo diretto sulla popolazione locale, poiche' appunto la coesione dello Stato era assicurata dall'esistenza di un composito strato sociale in possesso della cultura confuciana, base della burocrazia sia a livello locale che a livello centrale.
Questa e' una fotografia della Cina imperiale al proprio apogeo. La Cina che ha i primi significativi contatti con l'Occidente. Il racconto degli avvenimenti del XIX secolo passa per tre decenni curiosi, in cui, cioe', non accade niente che abbia una portata storica. Grosso modo arriva cosi il 1842, che segna la sconfitta della Cina nella guerra dell'oppio, e poi l'inizio di una nuova fase nella storia della Cina. Un fase di crisi. Perche' precipitano gli avvenimenti? Come mai l'Impero entra in guerra con gli inglesi? Agli inizi dell'Ottocento gli inglesi , grazie alla Compagnia britannica delle Indie Orientali, avevano rilevanti interessi commerciali in Cina. Dal 1699 infatti si erano conquistati il diritto per aprire degli uffici commerciali in Canton. Qui tuttavia il valore complessivo delle merci acquistate era di gran lunga superiore a quello delle merci vendute, sicche' nel 1793 fu inviato lord Macartney a premere per una maggiore apertura della Cina alle importazioni ma senza ottenere, alcun risultato. Iniziava cosi il contrabbando dell'oppio. I Qing non sapevano pero' come affrontare adeguatamente la situazione. I divieti tempestivamente adottati si rivelavano inefficaci e la dinastia fu costretta a reiterarli . Poi fu decisa una azione repressiva affidata a un certo Lin Zexu. Giunto a Canton, Lin distrusse tutto l'oppio raccolto nei magazzini. Quanto riferito a Londra sugli avvenimenti dal suo incaricato d'affari apri un incidente internazionale. Ce n'era abbastanza per lo sbarco di contingenti inglesi nel 1839. Tre anni dopo con il Trattato di Nanchino ( il primo dei famosi "Trattati ineguali") si imponeva alla Cina di pagare una forte indennita' e di riconoscere ai cittadini britannici nei "porti aperti" il diritto all'extraterritorialita', si fissava inoltre un tetto alle tariffe doganali di importazione. Simile trattamento infine sara' ottenuto da Stati Uniti e Francia; con il 1842 comincia insomma una nuova eta' nella vita dell' Impero. Proprio mentre le potenze occidentali penetreranno sempre di piu' in Cina ottenendo dopo la seconda guerra dell'oppio l'apertura di nuovi porti, l'accesso alla rete fluviale e la libera circolazione per i loro mercanti; la Cina non potra' non iniziare una riflessione politica profonda. Le esigenze della difesa, la consapevolezza di dover cercare misure adeguate e la delusione delle aspettative erano tutti buoni motivi.
La risposta piu' significativa alla sfida occidentale fu il movimento riformista "delle cose d'oltre mare" o "yangwu" . Partito intorno al 1860 come nuovo contesto politico di rivalutazione dell'ordine e della civilta' cinese, porto' nel 1864 alla vittoria sulla insurrezione e sul governo Taiping. Ma l'obbiettivo politico del movimento, ossia l'autorafforzamento della Cina attraverso l'introduzione della tecnica e della scienza occidentale, non venne raggiunto in tempo. L'impresa moderna passo' nelle mani di zelanti imprenditori che godevano della tutela governativa, ma altra cosa era la modernizzazione del vastissimo "Impero di Mezzo": ci voleva il passo lento e deciso dell'elefante. Ci volevano tempi molto lunghi, mentre il paese gia' nel 1894 era di nuovo in guerra. In guerra contro il Giappone che in Corea dava i primi segni di una cosiddetta tendenza espansionistica. Alla fine della guerra col Trattato di Shimonoseki (1895) i giapponesi ottengono il predominio di fatto sulla Corea e quello di diritto sull'isola di Formosa e sull'arcipelago delle Pescadores. La Cina riesce invece a farsi restituire il Liaodong ma solo per la pressione di altre potenze, Russia in testa. Il movimento yangwu dopo trent'anni di tentativi di modernizzazione perde legittimita', di fronte alla disfatta inflitta da un paese che la modernizzazione l'aveva raggiunta in un arco di tempo meno lungo. D'altro canto pero' il clima e' favorevole perche' i cinesi si rendessero conto di cio' che fino ad allora solo i riformatori avevano capito: che stava cambiando tutto, a cominciare dalle regole di convivenza con i vicini. La sconfitta subita questa volta contro un paese "vicino" in senso geografico e culturale, non avra' una maggiore eco?
Al volgere del secolo lo stato dell'Impero era inquietante, innanzitutto era scomparsa l' influenza cinese sullo spazio circostante. Il processo di disfacimento era cominciato per effetto dell'espansione russa. Fra il 1858 e il 1860 la Russia aveva annesso i territori sulla riva sinistra dello Heilongjiang (Trattato di Aigun) e quelli fra l'Ussuri e il Mare del Giappone (Trattato di Tarbagatai). Poi aveva occupato l'area dell'Ili, manifestando cosi' il proprio interesse anche per l'Asia centrale. Nel corso degli anni'70 la Gran Bretagna inoltre aveva aumentato i suoi possedimenti asiatici occupando la Birmania. E negli anni'80 il Vietnam era diventato un protettorato francese, ancor prima che i giapponesi avessero ottenuto il predominio di fatto sulla Corea, nel 1895. Eppure i problemi dell'Impero non erano solo questi: fra il 1895 e il 1905 gli interessi delle potenze straniere erano cresciuti all'interno della Cina. Le potenze avevano proceduto infatti alla cosiddetta divisione della Cina in sfere di influenza. La Provincia del Fujian era stata attribuita al Giappone; quelle del Guandong, del Guanxi e dello Yunnan alla Francia e alla Gran Bretagna che aveva ottenuto anche il bacino dello Yangzijiang; la Manciuria era andata alla Russia e lo Shandong alla Germania. Gli investimenti stranieri in imprese moderne ad alto valore aggiunto aumentavano di volume, ma non si trattava ancora d'altro che di uno sviluppo funzionale al mercato mondiale che penetrava (specie perche' riguardava il settore ferroviario) all'interno del vastissimo "Impero di Mezzo".Per esempio anche se alcune banche anglo-tedesche e franco-russe cominciavano nel 1895 a concedere grossi prestiti internazionali, all'inizio del secolo il risultato di tali prestiti era proprio una limitazione dell'autorita' imperiale in campo finanziario. Cosi' nel 1901 la Russia la Francia e la Germania presero un atteggiamento intransigente e senza dubbio optarono per una ulteriore penetrazione. Ma l'Impero sopravviveva lo stesso, ancorche' in una condizione ormai semi coloniale. Come?
A seguito di una nuova guerra persa contro le potenze, scoppiata in relazione alla cosiddetta rivolta dei Boxer e svoltasi durante l'estate del 1900, vi furono una serie di accordi fra cui l'importante Protocollo del 1901. Quest'ultimo atto e' il frutto proprio del compromesso fra la linea intransigente che si era venuta formando e la posizione piu' moderata di Stati Uniti, Gran Bretagna e Giappone. In esso e' predisposto che il pagamento degli indennizzi sarebbe stato detratto direttamente dalle entrate fiscali da parte delle "banche custodi", che avrebbero versato il residuo al governo cinese. Detto altrimenti lo Stato, in una delle sue funzioni politiche piu' alte qual e' il governo dell'economia, avrebbe cercato di misurarsi con le potenze. Dunque la risposta che cerchiamo si riferisce anzitutto al clima dei rapporti internazionali.
Bisogna pero' rispondere ad un'altra domanda: come mai era scoppiata la guerra? Prima che il conflitto scoppiasse l'imperatrice Cixi era riuscita a conquistarsi una delle anime del movimento dei Boxer, quella che in forma popolare e militaresca esprimeva l'esigenza di un programma di riforme per la modernizzazione del paese. Ma nell'estate del 1900 l'imperatrice lancio' una azione repressiva contro l'ala piu' estremista del movimento, e commise allora un errore. Probabilmente l'imperatrice si comporto' in questo modo proprio per sposare le preoccupazioni delle potenze: i Boxer infatti erano nati come movimento xenofobo, e le pressioni delle potenze erano quindi del tutto naturali, cio' che invece lasciava qualche dubbio alla dinastia era la sua origine mancese. L'imperatrice non aveva immaginato quindi che le bande dei Boxer si riversassero a Pechino e che le potenze, per reazione, occupassero alcune postazioni strategiche. E senza aver previsto cio' che sarebbe successo che l'imperatrice dichiaro' guerra alle potenze. Alla fine della guerra l'atteggiamento nei confronti delle potenze doveva essere segnato dagli avvenimenti recenti, ma si sarebbe potuto chiedere ad un'imperatrice Qing di lasciare che la propria intesa politica con un movimento che voleva la trasformazione del paese in uno stato moderno giungesse a termine?
Occorre infine domandarsi come fu possibile che le iniziative di pace generassero un clima internazionale favorevole alla sopravvivenza dell'impero. Qualcosa in effetti era successo a livello politico internazionale: stava avendo successo la cosiddetta "politica della porta aperta", avviata nel Settembre del 1899 dal Segretario di Stato John Hay, per mezzo di una serie di istruzioni rivolte agli ambasciatori americani interessati. In pratica pero' come riusci la politica della porta aperta a fare in modo che fosse possibile la crescita dell'influenza politica delle potenze in Cina? La spiegazione piu' convincente e' nel significato e nella portata delle seguenti parole. Il 6 Settembre del 1899 John Hay scrive all'ambasciatore americano a Berlino:
"Il recente ukase di Sua Maesta' l'Imperatore di Russia che dichiarava aperto il porto cinese di Talienwan, (...) alle navi mercantili di tutti i paesi, (...) sembra assicurare il sostegno dell'Imperatore alla misura proposta. Il nostro ambasciatore alla Corte di Pietroburgo ha di conseguenza ricevuto istruzioni di sottoporla al governo russo, per chiederne la massima considerazione.
Gli interessi commerciali del Giappone e dell'Inghilterra otterranno cosi' evidenti vantaggi dalla desiderata dichiarazione di intenzioni"
La misura di carattere economico proposta da Hay, che si puo' riassumere nell'auspicio che fosse consentito "a tutti" di accedere alle ricchezze della Cina, sembra dunque di facile e pronta attuazione. Infatti sia il Giappone che la Gran Bretagna vedono che se entrambe adottano quella misura con sollecitudine continueranno ad esercitare la loro influenza in Cina. Ma soprattutto vedono che una simile manovra comportera' il mantenimento delle loro rispettive posizioni in Asia, dove sia la Gran Bretagna sia il Giappone e anche la Russia vanno consolidando la loro influenza. Quindi la politica della porta aperta rende possibile la crescita dell'influenza delle potenze in Cina quale coincidenza della loro consapevolezza che la Cina e' indispensabile per qualsiasi assetto politico in Asia. Quando nel 1901 Stati Uniti, Giappone e Gran Bretagna prenderanno un atteggiamento moderato, dovevano aver capito che solo i cinesi possono governare la Cina.
A proposito della politica della porta aperta si dira' solo il necessario. Si dira' per esempio che attraverso un approccio inizialmente economico, consente la crescita politica delle potenze in Cina, ma sarebbe una semplificazione, la riduzione di un problema storico. Come e' mai possibile che il novecento segni con un'evidenza prima inaccessibile la comprensione, da parte occidentale, della Cina e del sistema asiatico,per poi lasciare di questo avvenimento una traccia diversa? Come mai l'Occidente e' ancora convinto che la Cina sia un mondo a se mentre i cinesi fanno propri i concetti della storiografia occidentale? Cio' che occorre mettere in evidenza e' che la politica della porta aperta salvo' l'integrita' territoriale dell'Impero, e che nel modo in cui pervenne a questo risultato segue la stessa logica seguita in America come in Europa, per terra e per mare, per assicurare la pace. Ma la politica della porta aperta e' passata alla storia come momento secondario. Anche per questo deve pur esserci una spiegazione. In fondo la politica della porta aperta giunge in un periodo difficile nella storia della Cina, un periodo che risentiva di secoli aspri per il dialogo con l'Occidente. Quasi un periodo di chiusura, durante il quale tutto lascia presagire che gli occidentali avrebbero cercato un altro interlocutore per aprire un dialogo in Estremo Oriente, il Giappone. Come ha scritto uno storico, "il solo peccato piu' grande e' giudicare senza aver capito".

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